07/10/2012 10:54 CEST - antidoping

Doping, 63 casi in 7 anni. Come funzionano i controlli?

TENNIS - Cerchiamo di capire meglio alcuni meccanismi che stanno dietro ai controlli sugli atleti. Perché le due Williams non sono mai state testate nel biennio 2010-2011? Il caso Garcia del Moral-Errani. Stuart Miller: "Costi enormi". Francesca Sarzetto

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Controlli antidoping
Controlli antidoping

Negli ultimi sette anni, si sono registrati 63 casi di doping nel tennis. Questi sono emersi dai controlli svolti periodicamente da diverse agenzie internazionali (la WADA in tutti gli sport e l'ITF per quando riguarda il tennis, e anche il CIO durante le olimpiadi) e anche nazionali, che possono testare i propri atleti e coloro che gareggiano nelle nazioni stesse. Fermo restando che non è possibile controllare ogni atleta ogni giorno, come avvengono i controlli? Il sito britannico The Tennis Space ha intervistato il dottor Stuart Miller, capo della Scienza e della Tecnica dell'ITF. Qui e qui potete leggere le due parti dell'articolo originale.

Riassumendo, emergono alcuni punti salienti. I top player, com'è facilmente intuibile, sono testati più spesso degli altri, eppure nei test dell'ITF (disponibili a tutti sul loro sito) mancano alcuni nomi importanti, come le sorelle Williams, mai testate lontano dalle competizioni nel 2010 e 2011. Questo potrebbe essere dovuto semplicemente al fatto che siano state testate da agenzie diverse, oppure che i tentativi di prelevare dei campioni non siano andati a buon fine.

Questo può avvenire per diversi motivi: tutti i tennisti sono obbligati a dichiarare dove possono essere reperibili per almeno un'ora al giorno, ma poi non è detto che i test siano fatti durante quell'ora, visto che una loro importante caratteristica deve essere l'imprevedibilità. E' solo più probabile che avvengano in quel lasso di tempo, che serve un po' da "ancoraggio" per sapere dov'è un giocatore anche prima e dopo, ma se uno non è reperibile al di fuori di quel periodo non si può affermare che abbia evitato il controllo (e dopo tre controlli evitati in 18 mesi scatta la squalifica). Ufficialmente comunque tutti possono essere testati in ogni posto e in qualunque momento. Anche durante la notte, se ci fossero informazioni credibili che qualcuno usa le ore notturne per doparsi, ma di solito le ore tra le 23 e le 6 di mattina non sono usate.

Casi in cui una persona venga squalificata per doping, come il dottor Luis Garcia del Moral, non si estendono automaticamente a chi abbia lavorato con loro, come è stato per Sara Errani che si è subito dissociata da quel medico. E' ovvio però che se si continua il rapporto di lavoro sorgeranno dei sospetti. C'è una proposta per il prossimo codice della WADA per l'accusa di violazione in caso di rapporti continuati con una persona squalificata, ma per ora non c'è nessuna infrazione.

Su dettagli più specifici, però, le risposte si fanno più fumose. Nel 2011 ci sono stati solo 21 campionamenti di sangue lontano dai tornei, su 18 uomini e 3 donne. Miller non spiega perché, dice solo che c'erano delle limitazioni su questo tipo di controlli, ma ora sono state superate e stanno aumentando i test sul sangue, sia durante le gare che al di fuori delle competizioni. Il problema principale comunque sono i costi, che possono arrivare a 1000 dollari per campione, e problemi logistici, dato che spesso i kit per la ricerca di sostanze proibite sono fatti per analizzare diversi campioni contemporaneamente, e se usati invece su uno solo si perdono parecchi soldi.

I campioni di urine sono comunque più significativi, dato che rilevano un maggior numero di sostanze illecite, ma la WADA auspica il raggiungimento del 15-20% di campioni di sangue sul totale dei campioni, contro il 10% circa attuale. Il sangue è infatti fondamentale per stanare eventualmente l'ormone della crescita e sostanze che aiutano il trasporto di ossigeno, mentre l'EPO si rileva dalle urine. Il nuovo codice della WADA verrà stabilito definitivamente nel novembre 2013 e partirà poi nel gennaio 2015. E' probabile che diverse cose verranno rifinite, comprese le regole per il periodo di reperibilità obbligatoria, visto che gli organi antidoping sono sempre aperti ai suggerimenti per migliorarsi costantemente.

Ma quanto è diffuso il doping nel tennis? 63 casi in sette anni non sono molti, ma neanche da sottovalutare. Il rischio sicuramente c'è, visti i molti soldi distribuiti nel circuito, ma non si può testare tutti i giocatori tutti i giorni. In ogni caso le prove rilevate finora non indicano un uso diffuso e sistematico di sostanze dopanti.

Alcuni giocatori poi si lamentano dell'invasività di questo programma, ma le agenzie antidoping lavorano per proteggerli da avversari sleali, da sostanze che possono danneggiare la loro salute, e proteggono tutto lo sport. Inoltre quando un atleta viene accusato più o meno apertamente di doping può sempre esibire i risultati negativi dei test.

Il lavoro antidoping dell'ITF comunque non consiste solo nei controlli, ma anche nella prevenzione, distribuendo opuscoli informativi per giocatori, allenatori e medici, nelle sale di controllo antidoping e negli spogliatoi, con un sito internet e una linea telefonica dedicata che funziona 24 ore su 24. Tutti strumenti usati spesso dai giocatori e dai loro team. Poi c'è sempre qualcuno che si gira dall'altra parte, ma l'antidoping fa sentire bene la sua presenza e fa del suo meglio per rendere noto il suo programma.

Francesca Sarzetto

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